Irrigare l'olivo per sostenere l'accrescimento del frutto: come, quando e perchè

L’obiettivo principale è evitare stress idrici durante le fasi critiche di accrescimento dell'oliva. La scarsa disponibilità idrica agisce su processi differenti a seconda dell’epoca in cui si manifesta: in una fase precoce di sviluppo del frutto riduce le divisioni cellulari, mentre in una fase tardiva limita l’espansione delle cellule. In entrambi i casi si ha una perdita di produttività

L’olivo è tradizionalmente coltivato in asciutto, ma l’utilizzo dell’irrigazione consente di ottenere numerosi effetti positivi sulla pianta e sulle produzioni: sostegno dell’accrescimento vegetativo e anticipo dell’entrata in produzione in olivi giovani (Xiloyannis e Palese, 2001), miglioramento dell’equilibrio vegeto-riproduttivo in alberi adulti con aumento del carico produttivo e quindi della produzione di frutti e olio per pianta (Tognetti et al., 2006; Gucci et al., 2007; Caruso et al 2013; Lodolini et al., 2016) e contenimento dell’alternanza di produzione.
Gli effetti dell’irrigazione sono tanto più evidenti quanto più arido è il clima e prolungato il periodo di deficit idrico.
L’irrigazione rappresenta uno strumento molto potente nel controllare l’accrescimento del frutto, ma per capire in quali momenti questa pratica agronomica sia più efficace e quali strategie irrigue sia possibile applicare è necessario descrivere le caratteristiche del frutto dell’olivo e conoscere le specifiche fasi di sviluppo dei tessuti che lo compongono.

Il frutto dell’olivo ha forma variabile da rotondeggiante a ellissoidale e dimensioni da molto grandi (8-12 g), come nel caso di olive da mensa (Gordal Sevillana, Bella di Cerignola, Ascolana tenera, ecc) a molto piccole (1-2 g) come nel caso di olive per la produzione di olio (Arbequina, Koroneiki, Mignola, ecc).
L’oliva appartiene alla classe dei frutti a drupa (pesca, mandorla, albicocca e ciliegia) e procedendo dall’esterno verso l’interno presenta i seguenti tessuti: buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo) e nocciolo (endocarpo) all’interno del quale è contenuto il seme.
La buccia è costituita da uno strato sottile di cellule molto appressate tra loro e rivestite da una spessa cuticola coperta da uno strato di cere in modo da limitare la perdita di acqua per traspirazione.
La polpa può rappresentare anche il 60-70% del peso totale del frutto ed è il tessuto che riveste la maggiore importanza economica sia per le olive da mensa sia per la produzione di olio. Le cellule di questo tessuto sono dette parenchimatiche e hanno la capacità di accumulare goccioline di olio all’interno del vacuolo. La polpa contiene acqua, olio, carboidrati, proteine, vitamine e composti fenolici che conferiscono il caratteristico sapore amaro al frutto.
Il nocciolo rappresenta il 20-40% del peso totale del frutto ed è composto da cellule sclerenchimatiche che accumulano lignina nella parete secondaria fino alla completa sclerificazione dell’endocarpo (lignificazione o indurimento del nocciolo).
L’oliva presenta una curva di crescita a doppia sigmoide, cioè caratterizzata da due fasi di crescita sostenuta e un periodo intermedio con crescita poco marcata. Tale andamento di crescita è condizionato da diversi fattori: condizioni pedo-climatiche, fattori agronomici, carico di frutti, ecc. La durata dell’intero ciclo di accrescimento del frutto può variare da 120 a 200 giorni a seconda della destinazione del prodotto e in base al binomio varietà-ambiente.
Nella prima fase di sviluppo sia il nocciolo che la polpa contribuiscono attivamente all’accrescimento del frutto e il loro rapporto è pari a 1. A circa 60 giorni dalla piena fioritura si assiste al completamento del processo di lignificazione del nocciolo, che arresta la propria crescita e da questo momento in poi è il solo mesocarpo (polpa) a proseguire l’accrescimento.
Da 60 a 120 giorni dopo la piena fioritura anche il ritmo di accumulo dell’olio (inolizione) appare molto intenso.
Il mesocarpo quindi si accresce dalla fecondazione fino alla maturazione per processi di divisione e espansione cellulare che avvengono contemporaneamente e in modo sovrapposto durante tutto lo sviluppo del frutto. L’espansione cellulare rappresenta il processo prevalente nel mesocarpo, mentre le divisioni cellulari sono molto forti nella prima fase di accrescimento del frutto, ma possono contribuire in modo significativo alla crescita della polpa anche nella seconda fase (dai 60 giorni dopo la piena fioritura fino alla maturazione). Manrique e Rapoport (1999) riportano che il 10-20% del numero finale di cellule della polpa può essere prodotto in questa fase in varietà con frutto medio-piccolo e fino al 30-40% in varietà con frutto grande.

In questo contesto, l’irrigazione appare un fattore chiave nel sostenere l’accrescimento del frutto. Diversi studi riportano che l’applicazione dell’irrigazione aumenta le dimensioni del frutto e il rapporto polpa-nocciolo (Lavee et al., 1990; Goldhamer et al., 1993; Inglese et al., 1999; Gucci et al., 2007 e 2009; Caruso et al., 2013).
Inoltre, in condizioni irrigue la curva di crescita del frutto può presentare un andamento quasi lineare (Costagli et al., 2003) e quindi non mostrare l’evidente rallentamento nella parte centrale coincidente con il completamento dell’indurimento del nocciolo.
L’obiettivo principale è evitare stress idrici durante le fasi critiche di accrescimento del frutto e dei sui tessuti.
Beede e Goldhamer (1994) indicano che uno stress idrico riduce le dimensioni finali del frutto alla raccolta, ma la scarsa disponibilità idrica agisce su processi differenti a seconda dell’epoca in cui si manifesta: in una fase precoce di sviluppo del frutto (prima dell’indurimento del nocciolo) riduce le divisioni cellulari, mentre in una fase tardiva (dopo l’indurimento) limita l’espansione delle cellule.
Gucci et al. (2002) riportano invece che l’effetto di un deficit idrico precoce si manifesta principalmente sulle dimensioni delle cellule della polpa e non tanto sul loro numero. Inoltre uno stress idrico precoce seguito da un recupero dell’irrigazione provoca una ripresa della crescita preferenziale dell’endocarpo (reversibilità) rispetto al mesocarpo confermando che le finalità riproduttive della pianta (completamento dello sviluppo del seme e del nocciolo utili alla perpetuazione della specie) sono differenti e prevalgono sulla produzione di polpa e olio (obiettivi economici dell’uomo).
Per quanto riguarda i processi cellulari del mesocarpo, Costagli et al. (2003) e Gucci et al. (2009) confermano che le dimensioni cellulari sono maggiormente influenzate dall’irrigazione sia prima che dopo l’indurimento del nocciolo (la comparsa di uno stress idrico limita fortemente l’espansione cellulare). Di contro, il numero di cellule non appare influenzato dallo stato idrico della pianta durante la prima fase di accrescimento del frutto, mentre è molto sensibile alla presenza di acqua dopo l’indurimento del nocciolo (forte relazione inversa tra numero di cellule e stato idrico della pianta). L’accrescimento dei diversi tessuti e i processi cellulari coinvolti hanno ripercussioni dirette anche sul rapporto polpa-nocciolo, con valori via via decrescenti in condizioni di deficit idrico sempre maggiore e con il progredire della stagione di crescita del frutto.
L’irrigazione non riduce l’accumulo di olio nel frutto come riportato in diversi studi (Inglese et al., 1996; Costagli et al., 2003; Moriana et al., 2003; Rapoport et al., 2004; Gucci et al., 2007). La minore resa in olio registrata da alcuni autori (Berenguer et al., 2006; Alegre et al., 2002) sembra non tanto legata alla minore quantità di olio nella polpa quanto alla sua minore estraibilità durante il processo di trasformazione.
L’effetto della disponibilità idrica sulle dimensioni del frutto alla raccolta è mediato anche dal carico di frutti su pianta con una relazione inversamente proporzionale in condizioni irrigue. In condizioni di deficit idrico molto marcato questa relazione tende a scomparire (Gucci et al., 2007).
Gli studi in bibliografia sono invece discordanti sulla relazione tra carico produttivo e contenuto d’olio nel mesocarpo: Lavee e Wodner (2004) riferiscono contenuti d’olio nel frutto comparabili in piante con elevato e ridotto carico di frutti in due differenti cultivar, mentre Gucci et al. (2007) hanno registrato un calo del contenuto d’olio nella polpa (su peso secco) in condizioni di carico produttivo crescente in piena irrigazione e nessuna differenza in stress idrico.
Il regime irriguo non sembra avere effetti sull’acidità libera, sul numero di perossidi o sulla composizione in acidi grassi dell’olio prodotto, mentre il contenuto in fenoli (e di conseguenza sulle sensazioni organolettiche di amaro e piccante) è fortemente influenzato: riduzione in condizioni di maggiore disponibilità idrica (Servili et al., 2007). I risultati degli studi sull’effetto dell’irrigazione sul contenuto di sostanze volatili dell’olio (sensazioni olfatto-gustative erbacee) sono invece ancora discordanti.

L’attuale tendenza nella gestione della pratica irrigua dell’olivo è evitare di apportare la piena irrigazione (restituzione del 100% del fabbisogno idrico colturale), applicando strategie di deficit idrico controllato o di soccorso a seconda delle specifiche condizioni pedo-climatiche e della disponibilità idrica. In questo modo, modulando dosi ed epoche di somministrazione, è possibile ridurre l’apporto di acqua mantenendo gli stessi standard produttivi (sia in termini di quantità che di qualità) della piena irrigazione, limitando gli sprechi e aumentando la sostenibilità della pratica irrigua.

Bibliografia

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di Enrico Maria Lodolini
pubblicato il 09 giugno 2017 in Strettamente Tecnico > L'arca olearia

Fonte: Teatro Naturale